A rulletta…

Soccorso 2011 on Flickr.

La “rulletta” e i Vitale: un binomio inscindibile per San Mauro e per la festa del Soccorso. Quando la sera, la “stazza” apprezzabile della pancia di Vitale, sormontata da un viso rubicondo e gioioso, si piazzava dietro la ruota e dichiarava aperti i giochi, si poteva dire che la festa era finalmente cominciata. Dall’altra parte della strada, sotto il balcone di Mastro Titta, all’incrocio con via Ugo Foscolo, si piazzava “u Mutu” con i suoi dadi e il gioco delle tre carte quasi a fare da contraltare dei “poveri” al gioco dei “ricchi” .E la differenza era visibile a occhio nudo tra i signori che facevano qualche puntata quasi distratta, sotto gli occhi di osservatori tanto attenti quanto squattrinati, alla “rulletta”, e le urla che si levavano dall’altro crocchio done le puntate avvenivano tra contestazioni, parolacce e bestemmie che coinvolgevano tutti: Mutu, giocatori e osservatori.
Da una parte persone che ridevano amabilmente della fortuna o della fortuna in un conversare confidenziale col “croupier” mentre gli astanti si incaricavano di commentare la perdita o la vincita al posto dei giocatori, i quali sembravano essere li non tanto per partecipare a un gioco, quanto per rappresentare la una commedia a beneficio dei meno fortunati. Il distacco con cui accettavano il passaggio di denaro verso le loro tasche o verso quelle del Vitale era quanto di più rappresentativo ci potesse essere rispetto alle differenze sociali esistenti nel paese.
Dall’altra, le puntate con le dita ferme sui soldi e sulle carte come a rappresentare l’attaccamento all’ultima speranza di sopravvivenza.
Da una parte una sfida a chi riusciva ad essere più disinteressato tra il fornitore del trastullo e i fruitori del giocattolo: Il “giocattolaio” e il “giocatore” sullo stesso piano nobile del rapporto tra avversari leali di una stessa competizione.
Dall’altra parte la sfida a chi sarebbe stato il vincitore e il perdente: tra chi avrebbe riso e chi avrebbe dovuto necessariamente piangere… qui il piano era sempre la sfida all’ultimo sangue tra due disperati estremamente interessati alla posta in gioco.
Quasi in mezzo, un po discosto verso il centro di Via Ugo Foscolo, u “Caramellaru” con le sue caramelle a deliziare i bambini che approfittavano della concentrazione dei grandi sul gioco per spillare qualche lira. Insieme con il “Muto” e “Vitale”, loro erano gli unici vincitori…. sempre!

Tre teste

Soccorso 2011 on Flickr.

Tre teste… e che teste!
La calvizie incipiente o piuttosto pronunciata, a seconda dei punti di vista, è il sintomo più evidente di quanto e quale tipo di lavorio si svolga continuamente nel macchinario contenuto in questi crani.
Questi non sono i soliti crani contenitori di materia grigia informe e imbelle! Questi sono crani pensanti: Sotto la cute si svolge un’incessante lavorio di analisi che abbandonata ormai “l’arma della critica” perchè inutile rispetto alle prospettive ipotizzate, è passato alla “critica delle armi”, la sola capace di individuare le possibili soluzioni, seppure ipotetiche, della stasi evolutiva, politicamente parlando, che il nostro paese sta attraversando.
E quando diciamo paese, intendiamo veramente il nostro paese, cioè l’Italia: Pensate voi che tre “crani” con questa calvizie, incipiente o piuttosto pronunciata, possano ridursi a elaborazioni localistiche e di campanile; pensate voi che “crani” ti tal fatta possano abbassarsi a discutere di amministrazioni comunali o peggio, di strade, buche, e privilegi.
Non avrebbero di certo perso i capelli per questo! Il loro lavorio è concentrato sul destino del “Paese” e sulle possibili strategie di sviluppo nell’abito della contingente situazione globale. Si racconta, ma come al solito questo potrebbe essere soltanto il risultato della nomea che queste “Teste” si sono ormai conquistate nell’intellighentia politica, che in alcuni momenti, verso l’imbrunire, quando si ritrovano sotto la serranda dell’Ing. Frandina, si sia visto del fumo fuoriuscire dalle orecchie… ma lo sapete… le leggende fanno presto a nascere intorno al potere.

U siattu i da jiazza

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I “vecchi” – o, come ipocritamente si definiscono oggi, gli anziani – sono sempre gli stessi, come lo stesso è “ru siattu a ra jazza”. Cambiano i discorsi: oggi parlano di pensioni, di tiket sanitari e di televisione… mentre allora parlavano della guerra, “i du siminatu” e dei raaconti degli emigrati.
Ma c’è un’altra cosa che è profondamente cambiata e che mi rattrista ogni volta che fotografo i “vecchi”: intorno a loro non ci sono più i bambini! I bambini che una volta pendevano dalle loro lbra per sapere le cose del mondo, oggi hanno la televisione… Oggi i “vecchi” nemmeno litigano più tra di loro, non ne vale la pena, non c’è nessuno intorno per i quali valga la pena di avere ragione, non c’è più nessuno che racconterà nelle case della loro supremazia nella discussione. Nessuno andrà più in giro a dire: l’hadi ammutatu, dua paroli e l’ha fattu stari citu!