Di chi è una fotografia?

Una domanda tanto stupida quanto inutile, se non fosse per gli aspetti commerciali che sottendono alla domanda. La domanda tenda a confondere in modo opportunistico il concetto di autore con quello di possessore rendendo quasi obbligata la risposta. Teniamo presente che la stessa cosa avviene nel caso di un racconto, di una canzone, o di un quadro.

In tutti questi casi la domanda corretta è : chi la scattata, chi l’ha scritto, chi l’ha composta, chi l’ha dipinto.

Ad una prima lettura superficiale il fatto che qualcosa sia fatta, costruita o ideata da qualcuno la rende automaticamente di sua proprietà e quindi “farla” equivale a “possederla”.

Ma se questa equivalenza può avere un senso per un bene materiale come un armadio o una casa ( ma anche in questo caso andrebbe distinto il bene in sé dalla sua particolare forma), lo stesso non si può affermare di un bene immateriale come una canzone o un racconto è una fotografia.

Per capirlo bisogna ritornare all’inizio e cambiare ancora la domanda: perché si scatta una fotografia?

Ho sentito e ho letto tutta una serie di risposte tutte egualmente sensate e valide: per fermare un istante, per raccontare un avvenimento, per ricordare un momento bello della propria vita, ecc. ecc. Nessuno si sognerebbe di affermare che ha scattato una fotografia per chiuderla in un cassetto o addirittura in cassaforte; tutte le risposte invece si possono ricondurre al filo conduttore del “mostrare”. Si scatta una fotografia per mostrare ad altri ciò che “noi” abbiamo visto, si scrive un libro perché altri leggano ciò che noi abbiamo immaginato, si scrive una canzone perché altri la ascoltino e la cantino, si dipinge un quadro perché altri vedano ciò che noi abbiamo visto.

E allora la costante diventano quegli”altri” a cui i beni immateriali che noi abbiamo prodotto sono destinati.

Ma la visione, l’immaginazione, lo stato d’animo e il senso della vita di coloro che osserveranno, leggeranno, ascolteranno ciò che noi abbiamo prodotto saranno completamente diversi dai nostri. Ognuno di quegli “altri” vedranno, leggeranno e ascolteranno ciò che loro vorranno vedere, leggere e ascoltare. Ognuno di quegli “altri” diventerà proprietario di quell’istante fermato nella fotografia dandogli la propria visione e il proprio stato d’animo senza che l’autore possa minimamente intervenire in questo processo “ricreativo”.

E allora la risposta iniziale è che la fotografia è di tutti coloro che la vedranno e la useranno, così come un racconto, una canzone o un quadro oppure, tanto per rendere sacrilega questa riflessione, una ricetta di cucina.

I “beni” immateriali sono di tutti coloro che li “usano consapevolmente” e sanno attribuire il giusto valore alla proprietà intellettuale che va al di là di qualsiasi valore economico.

Reperti 2

E poi arrivano, dal passato remoto, pagine straordinarie di storia locale sulle quali ci si può sbizzarrire a scrivere per anni. Il contenuto di questo regio decreto ci regala spunti per una serie di considerazioni che attengono alla nostra storia attuale molto più di quello che potrebbe apparire ad una prima lettura. La parte interna, la seconda pagina del decreto ci porta ad un mondo politico, sociale ed economico che per le generazioni odierne sono fuori dalla realtà. Solo un minimo di senso storico o comunque una sufficiente attitudine alla contestualizzazione storica possono fornire le giuste coordinate per un’utile comprensione della reale portata del documento per la nostra comunità. Avere una esatta percezione della dimensione da cui proveniamo è l’unico metodo utile e corretto per capire la nostra dimensione attuale. Per quanto mi riguarda credo di assolvere al mio compito più immediato che credo che sia quello di salvare nella memoria virtuale e digitale per trasmettere alle generazioni future una fruizione che il supporto cartaceo non potrebbe purtroppo assicurare. Ovviamente, ancora una volta non mi rimane che ringraziare immensamente chi mi ha ritenuto degno depositario di questo documento. Un grazie anche a nome di chi oggi potrebbe non vederne la reale importanza e soprattutto a nome di tutti coloro che nel futuro lo utilizzeranno per completare un quadro storico della nostra comunità che ad oggi è ancora tutta da scrivere.

Il nuovo potere

In principio il potere fu della clava della sopravvivenza.
Poi venne il tempo della spada della sopraffazione.
Venne alfine il potere della parola e della rivoluzione, che, ahimè, è riuscita lì dove la clava e la spada avevano fallito: Aprire la strada per il potere della “CAZZONAGGINE”!
E sempre allegri bisogna andare
Che il nostro piangere fa male al Re…