Fenomenologia dell’immagine

Chiamo fenomenologia dell’immagine quella situazione in cui un oggetto ben definito come una fotografia evoca sensazioni, emozioni, stati d’animo e reazioni che vanno al di la delle condizioni materiali dell’oggetto. Una fotografia è tale per tutte le persone che vivono la civiltà dellimmagine ma ognuna di esse ha una relazione diversa con la scena che questa rappresenta, e quel che più conta, nessuna di queste relazioni potrà mai essere clonata. Il rapporto individuale con l’immagine è esclusivo, originale e non riproducibile. L’immagine sopra può essere emblematica a questo riguardo: le persone rappresentate sono per molti della mia età abbastanza note, Don Peppino, Carmelino Lucia, Pierino Ierardi, Raffaele Iuliano con la sigaretta in bocca, due persone che sono ben impresse nella mia memoria, un marito e una moglie e alcuni bambini che ricordo come se fosse ieri ma un po più  grandi nella mia mente. L’unico che a me non dice niente è il prete accovacciato sulla sinistra che da ricerche fatte risulta il proprietario della macchina fotografica. Ecco, quello che a me racconta questa fotografia è ovviamente una storia completamente diversa da qualunque altra storia che verrà evocata da ognuno di voi, da tutti coloro che la guarderanno da adesso non poi. Penso alle mogli ai figli e ai parenti di Pierino e Melino, penso a tutti coloro che ha vissuto 50 anni della loro vita insieme a Don Peppino. Ma penso anche a quelle persone che immediatamente assoceranno ai bambini e al marito e alla moglie un nome e un cognome. E perché non parlare di tutte quelle persone che ricorderanno un particolare, un maglione, un corpetto, un cappello che avevano del tutto dimenticato. La fotografia cessa di essere un semplice oggetto, un manufatto della ci viltà dei mass media e diventa un fenomeno, qualcosa che trascende la realtà materiale e diventa un transfert verso un tempo e uno spazio che esiste solo e soltanto dentro di noi e non potremmo riprodurlo per nessun altro, neanche per tutto l’oro del mondo. È questo il fascino della fotografia….tutto il resto è cartolina… Tutto il resto e Instagram e i suoi selfie.

40 anni di fotografia

40 anni di fotografie…Una seconda vita… una storia infinita di fotogrammi che scandiscono come un orologio di celluloide e di pixel ogni giorno di questi lunghi 40 anni. Ho nella testa una lanterna magica che gira continuamente illuminando lo schermo della memoria come un vecchio carosello diaporama degli anni 70. La lanterna gira continuamente facendo scorrere momenti e storie che solo io riesco a distinguere senza bisogno di rallentare il vortice che altri non potrebbero sopportare… e poi, come in una proiezione dia,  il telecomando si aziona per fermare la sequenza su quel fotogramma che mi riporta indietro nel tempo… In fondo la fotografia è una macchina temporale individuale dove la realtà storica si fa tutt’uno con il film impresso nella memoria. Ed in questi momenti che la macchina fotografica cessa di esistere lasciando il posto alla macchina virtuale presente nella mente del fotografo. Senza questa macchina mentale l’immagine fotografica sarebbe soltanto la riproduzione di un istante qualsiasi di un’esistenza qualsiasi,  in un mondo qualsiasi. Fotografare è un assicurarsi un ritorno… e un dipanare il filo d’Arianna che ti aiuta a ritrovare la strada percorsa nel labirinto ingannevole della memoria. Ogni fotografia è un viaggio a ritroso nel passato ma solo per il fotografo rappresenta una sosta della propria macchina del tempo. E senza saperlo il fotografo si dota di meccanismi che renderanno più agevoli questi viaggi anche se la motivazione immediata è quella di perfezionare la cattura dell’istante e nient’altro distrae da quest’obbiettivo. 40 anni di albe e tramonti, di appostamenti e colpi di fortuna, di volti e personaggi, di ricerca di luci e di ombre, di strade, terre e cose che non esistono più se non nel mio carosello. E allora questi 40 anni sono serviti a costruirmi quel palcoscenico dove io solo sono mago e spettatore, di uno spettacolo a cui ogni tanto decido di invitare qualcuno… all’inizio, infatti, questo era lo spettacolo della lanterna magica… e poi fu il cinema!

S’il fato o lo disio

S’il fato o lo disio
quivi han portato
lo vostro peregrino
andar ne la rete,
laissate un signo,
sì, ch’io possa saper,
non quanti vi entran…
ma chi vi passa!

Lo scriver non sia grave
o genti tanto brave,
s’il loco visitato
il cor v’ha rallegrato.
Non altra speme avea
l’autor del suo dettato,
ch’il dar a voi contezza
del piacer da lui provato.

Nomatevi allor con signi,
mostratevi benigni
o navigatori insigni,
laissate al lavor nostro
orma del favor vostro!