LA TERAPIA FOTOGRAFICA
Da tutto ciò discende la possibilità di un utilizzo della fotografia d’epoca o contemporanea in senso quasi terapeutico: fornire a una persona uno strumento che l’aiuti a ritrovare se stessa e a scoprire la realtà dell’ambiente in cui vive per potersi quindi orientare là dove si era smarrita. Attraverso l’impiego di oggetti rappresentati scoprire la storia, e attraverso questa capire che quello che sembrava “naturale”, era ed è storico, quindi trasformabile: persone reali hanno sofferto, gioito, litigato, subito sopraffazioni per costruire o far costruire, per vendere, comprare, usare o modificare quegli oggetti.
E’ necessario fare qualche passo indietro perché si possa capire dove ci si trova, per riuscire a sfuggire alla prigionia dell’immediato. E’ un bisogno questo, espresso in mille forme ma sempre deviato e distorto perché risulti incomprensibile, perché si trasformi non in ricerca dell’ambiente e della sua storia, ma in distruzione e perdita di identità. E’ anche per questo che la storia contadina diventa una trama difficile da leggere e addirittura da rintracciare. Ma allora la necessità di ricercare diventa un bisogno etico soprattutto per chi non accetta di essere cancellato dalla storia o di essere rappresentato in immagini false e stereotipate e prova a riappropriarsi di tutti quegli elementi di analisi che possono ricondurlo alle origini, nel tentativo di rifondare su basi nuove, o meglio ancora “vecchie”, le proprie prospettive per ancorare in modo sicuro e stabile il futuro dei propri figli.
Ed ecco che si rende necessario offrire ai nostri anziani un mezzo per ricordare, riconoscendogli l’importanza che meritano perché possano contribuire, con rinnovato vigore, alla ricostruzione di ciò che era stato distrutto da una cultura che li aveva emarginati: ai nostri figli un’alternativa valida, fondata su una storia millenaria, sulla quale soffermarsi a ragionare nel dilagare della dinamicità televisiva in opposizione a un mondo che fa di tutto per impedirgli di ragionare.
Le immagini contenute in questo libro rappresentano di fatto la possibilità di rimetterci in discussione nel confronto, ricco di spunti imprevedibili, tra le fonti scolastiche o dei Media e le inesauribili fonti della memoria degli anziani.
In questo senso ho cercato di inserirmi, non so quanto meritatamente, nell’alveo di chi mi ha preceduto, cercando di coniugare il passato con il presente, con l’occhio vigile e attento di chi, al limite della pignoleria, cerca nel più piccolo frammento di pietra, l’origine della propria storia con la consapevolezza che questa può assumere importanza solo nel rapporto con la storia degli altri perché, come diceva uno che l’aveva capito molto prima di me, “nessuno è un’isola”.