IL MATERIALE E L'IMMAGINARIO NELLA CULTURA DEL MARCHESATO CROTONESE

Lo stomaco e le membra…

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 Quando la politica era metafora

Leggendo l’intervento di Telesio sulla politica come metafora mi è venuto in mente un apologo che i nostri maestri delle elementari ci raccontavano con enfasi.

Tito Livio così racconta:

Le già precarie condizioni di vita dei plebei, si erano paurosamente aggravate a causa delle guerre che Roma aveva dovuto combattere contro Porsenna e i suoi alleati. Il dramma della povertà aveva, inoltre, penalizzato proprio i più indifesi dal punto di vista legale e i capifamiglia che erano stati costretti a contrarre debiti e che erano insoluti erano ridotti in schiavitù. Vinti dalla disperazione e dalla sofferenza, i plebei abbandonarono l’urbe e si ritirarono su un colle, il monte Sacro, nei pressi dell’Aniene, con l’intenzione di fondarvi una nuova città. Proprio in quel periodo un grande esercito di Volsci si apprestava a marciare contro Roma e i patrizi che non potevano da soli fronteggiare una guerra, tentarono, un po’ con le minacce e un po’ con le promesse di convincere i plebei a ritornare in città. Ma fu tutto inutile!

La situazione era divenuta realmente critica finché si decise di inviare Menenio Agrippa a parlamentare con quegli “esiliati volontari”. Benché senatore e patrizio di mobilissima famiglia, Menenio era molto amato dalla plebe per la sua bontà. Egli si recò sul Monte Sacro e, con garbo, riuscì a persuadere i plebei a ritornare a Roma dietro promessa concessione di una più attiva partecipazione al governo della città. Il risultato raggiunto era senz’altro eccezionale ed egli l’aveva ottenuto narrando un semplice e toccante apologo:

“Capitò un giorno che le membra umane, indignate e stanche di essere sfruttate dallo stomaco, ordirono un complotto contro di lui, decidendo all’unanimità di non fornirgli più cibo. Esse lo ritenevano un fannullone che se ne stava in ozio a godersi il frutto del loro lavoro e che, quindi, ben meritava di essere lasciato morire per fame. Rimasto digiuno, lo stomaco cominciò a sentirsi male con somma gioia delle congiurate che assaporavano la desiderata vendetta. Passato qualche giorno, le condizioni dello stomaco si aggravarono ulteriormente fino a non dar più alcun nutrimento al corpo. Le membra s’indebolirono e furono colpite da uno strano malessere i cui sintomi più evidenti erano fiacchezza, stanchezza e languore. Il decadimento sembrava irreversibile e se lo stomaco era veramente malandato, gli altri organi non gli erano da meno. Le membra compresero solo troppo tardi che il loro deperimento era in relazione con l’agonia del loro mortale nemico il quale, in effetti, si era rivelato essere meno strozzino del previsto, poiché aveva saputo ben distribuire forza e vigore.”

La morale del racconto era chiara: come le membra e lo stomaco sono reciprocamente legati da comuni interessi, così patrizi e plebei devono riconoscere la loro vicendevole dipendenza.”

Menenio Agrippa applica al corpo sociale una metafora organicistica:

la società è come un organismo, il cui buon funzionamento complessivo permette la sopravvivenza di tutte le sue parti;

se uno dei suoi organi incrociasse, per così dire, le braccia, non verrebbe meno solo l’organismo, ma anche l’organo che avesse preteso di far valere il proprio interesse particolare contro quello della totalità.

Questo apologo, però, ha una caratteristica singolare: esso diventa falso nello stesso momento in cui sorge il bisogno di raccontarlo.

Menenio Agrippa intende richiamare i plebei alle loro presunte responsabilità nei confronti del tutto, ma, nel far questo, non applica una metafora organicistica alla società, bensì, piuttosto, una metafora sociale all’organismo.

Gli organi di un organismo sono tali perché lavorano in interazione coll’organismo, e non possono entrare in sciopero in nome di loro ipotetici interessi particolari.

Il fatto che i plebei siano entrati in sciopero implica che la necessità organica del tutto, se mai esistita, sia venuta meno – tanto che Menenio Agrippa sente il bisogno di richiamare i plebei al dovere usando uno strumento di persuasione, l’apologo, che deve essere valutato dalla loro libertà e dalla loro capacità di calcolo razionale.

Se poi ci ricordassimo ogni tanto del vecchio Carlo Marx, che di rivoluzioni se ne intendeva, capiremmo che resta da dimostrare che il ventre di qualcuno possa nutrire le braccia di qualcun altro….

Ma questo è un discorso che implica la nascita della coscienza di classe ed esula dall’obiettivo di queste poche righe….