Il grammofono
Certe volte mi sento come un megafono rotto, inservibile, ma posto ben in vista sulla vetrina del museo della preistoria tecnologica. Vedo passarmi davanti le persone e vedo nei loro sguardi la mia inutilità attuale, ma ancora di più quella passata. Vedo gli sguardi benevolenti e anche un po compassionevoli delle persone a cui avevo fracassato le orecchie con le mie assordanti “gridate” (dall’etimo “grida” di manzoniana memoria): in fondo per loro ero solo un fastidioso grillo parlante che aveva il difetto di non poter essere neutralizzato con una semplice scarpa di “Collodiana memoria”.
Poi però passano tutti coloro che mi hanno saputo utilizzare nel pieno della mia efficienza. Sono gli sguardi astiosi di questi ultimi che mi danno fastidio. E’ come se volessero darmi la colpa del mio essere fuori uso, del mio non essere più “disponibile” al “servizio” che avevo svolto “onoratamente per tanti anni. Come è strana la vita del megafono: se funzioni dai fastidio a quelli che sono stati costretti a sentirti; se non funzioni dai fastidio a quelli che ti usavano senza ascoltarti. Forse il pregio migliore dei megafoni inservibili è quello di aver perso la voce e aver sviluppato il senso della “vista”!